Kenya dal X al XX secolo


Mombasa
Mombasa

La storia della costa orientale dell'Africa fra Ras Kiambone e Vanga e del territorio retrostante prima dello stabilirsi degli Arabi è assai poco nota.

 

Le prime notizie certe relative a questa parte della costa dell’Africa Orientale riguardano appunto gli Arabi della penisola arabica e i Persiani del golfo persico che vi pervennero già dal 700 dopo Cristo per spedizioni commerciali (vedi "Zanguebar il paese degli Zanj").

Verso la fine del X secolo gli arabi fondarono le città di Pate (già istituita da profughi dell'Oman nell'ottavo secolo), Malindi e Mombasa. Pochi anni dopo gli arabi, arrivarono i persiani che fondarono una colonia a Kilwa (Kilva) che sorse rapidamente a grande potenza ed estese il proprio dominio fino a Lamu. Alla fine del sec. XV il sultano di Mombasa si rese indipendente da quello di Kilwa.

 

Il 7 aprile 1498 giunse il grande esploratore portoghese Vasco de Gama, toccò Mombasa e nel suo diario scrisse di aver trovato un “prosperoso porto di commercio pieno di navi”.

Nel 1500 e nel 1505 altri due navigatori portoghesi arrivarono a Mombasa. Il primo, Pietro Alvarez Cabral, la saccheggiò; il secondo Francisco d’Almeida la occupò e vi impiantò una base navale.

Nel 1507 arrivò un altro capitano portoghese, Tristão da Cunha, che allargò l’occupazione della città di Mombasa fino a Lamu e scoprì tre isole, che da lui presero nome, nell'Atlantico ad ovest del Capo di Buona Speranza.

Negli anni dal 1586 al 1588 arrivarono gli ottomani, capeggiati da Alì Bey, che fecero molte incursioni, tanto che gli indigeni insorsero costringendo poi Mazimba (Mzimba), capo nero del territorio interno ed amico dei portoghesi, a distruggere completamente Mombasa. Nello stesso tempo i portoghesi sconfissero gli ottomani.

Dopo il 1631 si verificarono attacchi e contro attacchi fra portoghesi ed arabi finché nel 1728 i portoghesi abbandonarono definitivamente il paese lasciandolo preda dei sultani di Oman e Mascate i quali, nel 1832, trasferirono la loro residenza a Zanzibar.

Ed intanto che il sultano Seid Said si trovava nella sede di Zanzibar, nel territorio dell’attuale Kenya arrivarono gli europei che iniziarono subito l’esplorazione dell’interno. Il Kilimanjaro ed il Monte Kenya furono scoperti rispettivamente nel 1848 dal missionario J. Rebmann e nel 1849 dal missionario L. Krapf.

Dieci anni dopo altre spedizioni, quella di J. H. Speke e J. A. Grant, scoprirono le sorgenti del Nilo e la zona del Tanganica, ora Tanzania.

L’africanista Giuseppe Thomson nel 1883 fu il primo a raggiungere il Lago Vittoria e nel 1888 l’ungherese conte Teleki von Szek scoprì il Lago Rodolfo.

L’anno dopo ci fu una controversia fra l’Inghilterra e la Germania per la sovranità sul territorio ed uno speciale arbitraggio del barone di Lambremont assegnò la regione all'Inghilterra. Intercorsero altri accomodamenti, relativi ad altri territori, finché nel 1895 l’Inghilterra assunse il governo diretto di tutte le regioni gestite dall’East Africa Company. Indi fondò un protettorato su tutta la zona costiera e nell’entroterra una colonia alla quale nel 1920 fu imposto il nome di Kenya.

Il 15 luglio 1924 l’Inghilterra cedette all'Italia il possesso del Giubaland. Nel 1926 la regione ad ovest del Lago Rodolfo fu distaccata dall'Uganda ed unita al Kenya. Dal 1927 al 1929 l’Inghilterra affidò a due speciali Commissioni lo studio dei problemi della regione al fine di essere in grado di applicarvi i giusti rimedi.

Quindi iniziò una vera e propria opera di colonizzazione che raggiunse notevoli risultati nell'agricoltura ma non troppi nell'allevamento del bestiame. Primaria importanza ebbe la produzione del caffè, alla quale poi si aggiunse quella del te e della canna da zucchero. Importante fu pure la produzione del piretro, utilizzato in larga misura per la composizione degli insetticidi.

Durante e dopo la seconda guerra mondiale, con lo spostarsi delle posizioni coloniali inglesi dall'Asia verso l’Africa, il Kenya fu investito di compiti primari per la collaborazione con gli altri territori dell’Africa Orientale sotto la gestione britannica, quali l’Uganda, l’ex Tanganica e Zanzibar.

Nel marzo del 1947 l’Inghilterra propose la costituzione di un Alto Comando dell’Africa Orientale, composto dai governatori di quei territori, più una Assemblea Centrale legislativa ed un organo esecutivo. Nonostante il diniego degli indigeni, la proposta fu approvata. Ma passati gli anni immediatamente dopo la guerra, nelle colonie africane cominciarono a serpeggiare sentimenti nazionalisti ed aneliti di libertà. Si formarono ovunque dei partiti politici ed in Kenya fu fondata la Kenya African Union, alla quale si aggiunse subito dopo la African Trade Union, più una associazione tribale che si chiamò Kikuyu Central Association.

I partiti furono di ceppo diverso ma l’intento per tutti fu unico: l’autonomia, l’indipendenza. E con questo programma sorse pure una setta assai radicale, quella dei Mau Mau. Questi nel 1952 iniziarono le loro gesta terroristiche, provocando dure repressioni da parte dell’Inghilterra, ma anche un interrogarsi da parte dei colonizzatori circa le ragioni di questa lotta armata. Cosicché l’Inghilterra cominciò a revisionare le leggi, ad ampliare le riforme, specialmente nell'agricoltura, ma anche costituzionali, in modo da poter coinvolgere anche gli indigeni nel governo del loro paese.

Il 15 aprile 1958 fu varata una Costituzione, basata su un Consiglio legislativo, uno esecutivo ed un Consiglio di Stato composto da europei, africani ed asiatici, in misura proporzionata. Gli africani, però, capeggiati da Tom Mboya si opposero alla formazione governativa “plurirazziale”, pretendendo uno stato prettamente africano.

Nel febbraio 1960, dopo la fine delle azioni violente dei Mau Mau, una Conferenza Costituzionale diede l’avvìo al processo dell’autogoverno e poi all'indipendenza.

Nel 1961 le elezioni furono vinte dalla maggioranza africana della Kenya African National Union, guidata da J. Gichuru. Nel 1962 fu varato un governo di coalizione e l’anno dopo il Kenya raggiunse il pieno autogoverno. Il nuovo primo ministro fu J. Kenyatta, uomo equilibrato e moderato, garanzia assoluta per gli europei presenti nel paese. L’indipendenza fu proclamata il 12 dicembre 1963 ed il 12 dicembre del 1964 la Repubblica.

Si percorsero altre tappe con riforme non sempre a favore delle minoranze e nel 1967 il Trade Licensing Act stabilì un programma di completa africanizzazione dei settori lavorativi, per cui la minoranza asiatica fu costretta a trasferirsi in Inghilterra.

Alterne vicende di crisi e distensioni e progressi graduali costituirono il cammino della giovane repubblica e si arrivò al 22 agosto del 1978 quando Kenyatta improvvisamente morì.

Gli successe il vice-presidente D. A. Moi, membro di una piccola etnia, quella dei Kalenjin; egli riuscì a costruire una sua propria base di potere e nel 1982 la Kenya African National Union divenne a tutti gli effetti, anche di legge, il partito unico.

Si ebbero il 1° agosto 1982 un sanguinoso colpo di stato, represso ma con tanti morti, e nel maggio 1983 un complotto, si disse capeggiato dal ministro Njojo, anche questo sventato. Altri disordini, portati avanti dagli studenti, provocarono la chiusura dell’Università di Nairobi.

Nel 1988 si ebbe una gravissima crisi con l’assassinio del ministro degli esteri R. Ouko. Nel dicembre 1991 si applicò il multipartitismo e nel dicembre 1992 Moi, ed il suo partito, ottennero ancora un clamoroso successo.

Durante tutto il tempo del suo governo, Moi seppe sempre condurre ottimi rapporti con gli stati occidentali, ma anche in territorio africano potè esplicare le sue buone azioni mediatorie, specialmente per favorire la lunga guerriglia in Uganda.

Nonostante che all'inizio degli anni novanta anche il Kenya fosse giunto al multipartitismo, pure non si addivenne mai ad una sostanziale democratizzazione del paese, che quindi continuava ad essere governato col sistema delle preferenze etniche e del clientelismo.

Le prime elezioni multipartitiche presidenziali e legislative del 1992 furono patrocinate sotto il controllo del Commonwealth che le dichiarò corrette. A causa di alcuni disordini scoppiati fra vari diversi gruppi etnici, esse non mancarono di assegnare la vittoria al partito di governo. Si ebbe anche il sospetto che i contrasti pre-elezioni fossero stati creati a bella posta proprio da elementi governativi per dimostrare che con un simile grado di immaturità degli elettori, il multipartitismo non rappresentava la giusta soluzione, almeno non ancora.

Negli anni successivi la situazione non migliorò; continuarono gli scontri sanguinosi, specialmente fra le etnie Kikuyu e Kalenjin, che provocarono l’esodo di migliaia di persone verso altre zone.

Nelle città si dovette registrare un forte aumento della criminalità; le proteste popolari aumentarono, represse con durezza, tanto da causare denunce e condanne da parte di varie organizzazioni internazionali per la tutela dei diritti umani.

Nel marzo 1996 sia la Gran Bretagna che la Germania decisero di aiutare il Kenya concedendo sostanziosi prestiti. Varie vicende negative caratterizzarono tutto il 1997 che passò fra violenze e manifestazioni di ogni tipo, nonché continue richieste al governo di riforme costituzionali. Nel dicembre si andò alle urne e Moi fu confermato presidente e la Kenya African National Union rimase partito di governo. Violenti scontri etnici furono protagonisti sia nel 1998 che nel 1999. In campo internazionale furono migliorati i rapporti con la Tanzania e l’Uganda con i quali già nel 1994 era stata creata una commissione permanente per dare maggiore spazio alla cooperazione economica e sociale.