Korogocho, Nairobi


Korogocho, Nairobi
Korogocho, Nairobi

Korogocho, Nairobi. La baraccopoli costruita sui rifiuti

Korogocho - Discarica di Dandora
Korogocho - Discarica di Dandora

 

Korogocho è uno slum (baraccopoli) della periferia di Nairobi, capitale del Kenya; si trova nella zona di Kasarani, pochi chilometri a est di Kariobangi.

È la quarta baraccopoli di Nairobi per numero di abitanti dopo Kibera, Mathare e Mukuru Kwa Njenga: al suo interno vivono circa 180.000 - 200.000 persone pressate in 1,5 chilometri quadrati. È una distesa di baracche di lamiera situata a soli 10 km a Nord-Est dal centro della città.

 

Più di duecento, una più tristemente nota dell’altra, le aree della periferia urbana in cui la popolazione vive, o talvolta sopravvive, costretta in spazi strettissimi, in case o baracche fatte di fango, lamiera, legno, cartone, cellophane. Case senza servizi igienici o con toilette da condividere con altre persone, case con decine di persone senza acqua, che va comprata ai rubinetti lungo la strada, case senza corrente elettrica, senza privacy, dove invece gli  omicidi sono all'ordine del giorno.

 

 

Korogocho era in origine un terreno di proprietà del governo, una periferia vacante della città, quando fu fondata dai migranti rurali nel 1960. La maggior parte delle abitazioni è stata costruita da famiglie che vivono lì, e sono realizzate con materiali trovati o riciclati. Nonostante questo, molti dei residenti pagano l'affitto della baracca allo Stato per il diritto di viverci.

La baraccopoli è divisa in sette "quartieri o villaggi": Highridge, Grogan, Ngomongo, Ngunyumu, Githaturu, Kisumu Ndogo/Nyayo e Korogocho.

I residenti di Korogocho provengono da più di trenta gruppi etnici, anche se la maggior parte sono Kikuyu, Luo e Luhya.

Gran parte delle persone che vivono a Korogocho sono sfollati vittime di precedenti sfratti in altre aree urbane di Nairobi e non solo; molti provengono da altre baraccopoli come Dandora, Kibera, Mathare e Pumwani.

I residenti non hanno alcun titolo sulla terra dove vivono, hanno soltanto un permesso di occupazione temporanea assegnato dal responsabile del governo per il quartiere.

Le baracche sono attaccate le une alle altre, divise soltanto da viottoli angusti che sono, allo stesso tempo, fogna e scolo.

Le strade sono impraticabili durante le piogge o estremamente polverose negli altri periodi dell'anno.

L'immondizia viene accumulata a lato delle strade dove spesso viene direttamente bruciata.

La mancanza di acqua potabile rimane uno dei problemi più gravi di Korogocho, unitamente alla mancanza di infrastrutture, opportunità di lavoro, programmi d'istruzione, elettricità e appropriate misure igieniche.

 

Korogocho è una lingua di terra stretta tra il Mathare River ed il Nairobi River, due fiumi neri e pieni di rifiuti e un enorme faro che tenta di illuminarla, “regalo” del governo o delle nazioni unite per ridurre il pericolo della criminalità notturna.

Korogocho è una somma di baracche senza interruzione di continuità che si affacciano sulla discarica della città: una discarica chiusa da dieci anni, ma che ancora riceve tutti i rifiuti urbani, visto che il governo non ha ancora definito una sede alternativa, una montagna di rifiuti alta almeno un centinaio di metri e lunga almeno un chilometro su cui la gente lavora, cammina, vive.

L'enorme montagna di rifiuti che domina il paesaggio e sovrasta lo slum è la discarica di Dandora, la più grande area per la raccolta di rifiuti della capitale. Raccoglie i rifiuti di 3,5 milioni di persone. 

 

Il nome “Korogocho”, in dialetto kikuyu, significa "confusione, caos”, ma non è questo che salta all'occhio. Si percepisce prima la sporcizia. I piedi non calpestano il terreno ma un massiccio strato di immondizia. Dal terreno spuntano oggetti di ogni tipo, brandelli di vestiti, carta, legno e plastica…. tanta plastica.

Sembra che Korogocho non sia sorta accanto ad una discarica ma sia stata costruita sui rifiuti. L’odore dell’immondizia regna sull'intera area, ci si sente assuefatti. Gli altri sensi vengono completamente annientati. Si alzano nell'aria stormi di uccellacci: sono i Marabù, spazzini quotidiani del luogo.

 

All'interno della discarica lavorano 10.000 persone. Bambini, donne e uomini alla ricerca di cibo, di oggetti, di sopravvivenza. Quella che per noi è solo spazzatura per loro rappresenta l’unica ricchezza. Intere giornate sotto al sole, mentre i rifiuti bruciano e l’aria si fa irrespirabile. Intere giornate sotto la pioggia, su un terreno di plastica scivoloso e tagliente.

Gli uomini caricano sulle spalle enormi sacchi carichi di ogni tipo di oggetti, le donne cercano cibo, indumenti, bottiglie: tutto ciò che è possibile rivendere o portare a casa. I bambini, il fiume di bambini che affolla la discarica, cercano di contribuire alla sopravvivenza della famiglia, o semplicemente alla propria sopravvivenza quotidiana.

Tutti setacciano la spazzatura, a mani nude o con gancetti di ferro. Si può guadagnare tra i 50 e 500 scellini al giorno: da 40 centesimi di euro a poco più di quattro euro. Il business dei rifiuti è estremamente rischioso per la salute, ma trascorrere la giornata alla ricerca di oggetti in una fumosa montagna di rifiuti è per tanti uomini e donne l’unica via per la sopravvivenza.

 

Un progetto di ricollocazione della discarica, iniziato con l'interessamento delle autorità italiane, è in seguito naufragato per un sospetto di corruzione nella gestione degli appalti. Era un boccone ghiotto, di cui Corrado Clini, in veste di direttore generale per il ministero dell’Ambiente, e l'ex ministro dell'Ambiente italiano Pecoraro Scanio intuirono le potenzialità di business.

La miglior propaganda italiana verso coloro che non hanno mai ricevuto neppure la solidarietà di Dio!

 

In Korogocho il degrado umano è spaventoso: prostituzione, corruzione, violenza, stupri, omicidi, alcool illegale e droghe di ogni tipo sono la miscela esplosiva del vivere quotidiano. E chi riesce a sopravvivere deve fare i conti con la mancanza di cure mediche adeguate, a fronte di un incidenza dell'AIDS su più del 50% della popolazione e di un’ampia diffusione di malaria, tubercolosi e colera.