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Ippopotamo


Ippopotami in combattimento
Ippopotami in combattimento

Ippopotamo

Ippopotami
Ippopotami

 

L’Ippopotamo (Hippopotamus amphibius), Kiboko in Swahili, Hippopotamus in inglese, è un grosso mammifero erbivoro che ama l’acqua: per tale ragione era chiamato dai greci “cavallo di fiume”.

Gli ippopotami sono gli unici componenti della famiglia degli Ippopotamidi che, con i Suidi e i Taiassuidi, formano il sottordine Suiformi, ordine degli Artiodattili.

Si è infatti a lungo ritenuto che la famiglia degli ippopotami avesse origine dallo stesso ceppo da cui derivano, da un lato, i suidi (maiali, cinghiali ecc.) e, dall'altro, i ruminanti (per esempio, cervidi e bovidi).

 

Gli studi più recenti sulle origini degli ippopotamidi suggeriscono che ippopotami e cetacei condividano un antenato comune semi-acquatico che si sarebbe differenziato dagli altri artiodattili circa 60 milioni di anni fa, per poi dar vita, circa 54 milioni di anni fa, a due branche distinte, da cui si evolsero da una gli ippopotami e dall'altra i cetacei. Su tali basi gli ippopotami avrebbero maggiori affinità con le balene di quante non ne abbiano con gli altri artiodattili.

 

Gli ippopotami abitavano un tempo la bassa valle del Nilo. Per gli antichi Egizi, il loro aspetto tondeggiante e massiccio evocava una dea della fecondità, e sotto queste sembianze vennero spesso rappresentati nei bassorilievi.

La valle del Nilo ospita ancora gli ippopotami, ma questi non si spingono oltre Khartum, in Sudan. L'ultimo esemplare egiziano è stato ucciso nel 1816.

L'ippopotamo ha abbandonato il Sahara e le aree limitrofe a causa del cambiamento di clima, ma altrove la sua scomparsa è certo da attribuire alla presenza dell'uomo.

Oggi l’ippopotamo vive nelle zone dell'Africa sub-sahariana. I paesi dove maggiormente si ritrova sono i paesi dell'Africa orientale quali Uganda, Kenya, Tanzania, Mozambico e Zambia.

In Africa l'ippopotamo ha ancora un ruolo importante nella vita degli uomini, dei fiumi e dei laghi. E non si tratta solo di un ruolo relativo all'alimentazione: questo animale infatti è parte integrante della cultura dei gruppi etnici in mezzo a cui vive.

 

In tutti i territori in cui vive, questo animale contribuisce alla sopravvivenza di numerose altre specie, e l'apporto all'ecosistema del suo habitat è notevole. Spargendo il suo sterco concima infatti le praterie e il fondo dei fiumi, nei quali di conseguenza le creature acquatiche trovano una grande abbondanza di principi nutritivi. Nelle regioni in cui questi animali vivono numerosi, i pesci si riproducono in gran quantità e diversi ungulati utilizzano pascoli altrettanto ben concimati.

Nei territori interni l'ippopotamo può vivere fino a 2000 metri di altitudine, dove sembra ben sopportare la temperatura che scende quasi a 0 °C sul far del mattino durante la stagione secca.

 

L'abitudine dell'ippopotamo di strappare l'erba raso al suolo nelle sue zone di pascolo contribuisce a evitare gli incendi di savana in un raggio di tre chilometri lungo le sponde dei corsi d'acqua. Oltre a risparmiare le macchie di alberi, quando consuma il pasto, questo animale le preserva così anche dal fuoco: per di più, le piante possono moltiplicarsi e alcune specie che finirebbero per scomparire si conservano in vita. Il che a volte causa seri guai agli ippopotami: infatti alberi e cespugli possono invadere progressivamente i pascoli provocando di conseguenza la scomparsa dell'animale.

Lungo le sponde del fiume Mara, in Kenya, si verificano sicuramente dei cicli biologici (così lunghi che è difficile seguirli) prateria-foresta-ippopotami: lo sviluppo delle piante fa allontanare gli animali privati dell'erba, ma attira gli erbivori con un regime alimentare meno ristretto, come gli elefanti. Il ciclo può poi ricominciare: gli elefanti mangiano gli alberi, le cui fasi di ricrescita sono più lunghe, lasciando posto all'erba che attira gli ippopotami. Attualmente una delle due rive del fiume è molto più boscosa e gli ippopotami sono perciò piuttosto rari.

Ippopotamo immerso in acqua
Ippopotamo immerso in acqua

L'ippopotamo ha una lunghezza testa-corpo da 3,30 a 3,75 m ed è alto al garrese 1,50 m; il peso va da 1,4 a 3 tonnellate (i maschi sono nettamente più grossi delle femmine) e registra una pressione mascellare di circa 400 kg/cm².

L'ippopotamo ha un aspetto tozzo: le zampe sono corte, la testa è grande e prominente, proporzionata al grosso corpo glabro e di forma cilindrica. Nonostante la mole e la curiosa struttura corporea, questo animale è però piuttosto agile. In caso di necessità può caricare, o scappare, a circa 30 km/h.

Quando esce dall'acqua, sa inerpicarsi facilmente anche su sponde ripide con l'aiuto delle pur corte zampe.

La sua goffa andatura è la conseguenza di un adattamento improntato alla vita acquatica.

La conformazione della testa è perfetta per consentire all'ippopotamo di restare immerso a lungo: i grandi occhi, le narici e le orecchie, piccole e mobili, sono situati nella parte superiore del muso e si trovano sullo stesso piano (spesso restano le sole parti visibili).

Quando si immerge, le narici e le orecchie si chiudono. La pelle dell'ippopotamo è quasi glabra: i soli peli che possiede sono le vibrisse (peli tattili), che ricoprono il largo muso, e i peli rigidi sulla punta della coda.

 

L'ippopotamo fa parte dell'ordine degli artiodattili, cioè degli ungulati che hanno un numero pari di dita.

Le zampe terminano con 4 dita di dimensioni uguali; gli zoccoli somigliano più a delle unghie.

Per nuotare, l'ippopotamo utilizza le zampe.

Osservandolo muoversi sott'acqua, per esempio nelle sorgenti Mzima del Parco Nazionale Tsavo Ovest, in Kenya, dove l'acqua è straordinariamente trasparente, si direbbe che stia volando.

Gli adulti hanno da 36 a 40 denti, perché gli incisivi possono variare da 4 a 6. I canini sono a crescita continua e possono raggiungere i 50 centimetri di lunghezza per 3 chilogrammi di peso nel maschio e un chilogrammo nella femmina. Aguzzi e taglienti, spuntano verso l'esterno come le zanne, costituendo un'arma temibile. Il primo molare, presente nella dentizione di latte, non viene mai rimpiazzato da un dente definitivo. Può quindi restare a lungo in bocca all'animale poiché nessun altro dente lo fa cadere per sostituirlo.

A causa della loro gigantesca mole e della forza sbalorditiva gli ippopotami sono considerati come alcuni tra i più pericolosi animali della Terra.

In Africa essi vengono visti come più pericolosi addirittura dei leoni.

 

L'ippopotamo perde molta acqua per evaporazione. L'abbondante traspirazione dipende dal fatto che lo strato corneo protettivo è molto sottile, e per di più esso manca di ghiandole sebacee che possano secernere materie grasse per isolare l'animale dai raggi solari. In compenso, la pelle è provvista di ghiandole cutanee che producono un liquido vischioso e alcalino, contenente molti sali minerali, che con la luce prende riflessi rossi, dando l'impressione che il corpo dell'animale trasudi sangue.

Questa secrezione, che fa da schermo contro la disidratazione quando l'ippopotamo si trova fuori dell'acqua, probabilmente ha anche una funzione cicatrizzante.

 

In genere un ippopotamo adulto non ha nemici naturali, anche se i piccoli talvolta vengono predati da iene, coccodrilli e leoni. Questi ultimi due possono anche attaccare esemplari adulti, anche se con elevato rischio di morte. Sono registrati casi di coccodrilli che hanno ucciso esemplari adulti grazie al potente morso (anche se spesso con gravi lesioni) e di gruppi di leoni che hanno fatto lo stesso. In alcune aree la pratica può sembrare addirittura frequente. In altri casi un singolo leone ha attaccato dal retro ippopotami adulti. Questi attacchi possono comunque costare al predatore la vita.

 

Ippopotami mostrano la loro aggressività
Ippopotami mostrano la loro aggressività

Gli ippopotami sono tra gli erbivori più aggressivi, superando anche il bufalo africano, che pure può diventare ferocissimo. Sono il maggior pericolo per l'uomo in Africa e talvolta hanno messo in fuga anche elefanti e rinoceronti. In acqua l'Ippopotamo è ancora più veloce e letale.

Finché gli esemplari giovani, e soprattutto i maschi quasi adulti, adottano un comportamento di sottomissione verso il maschio dominante, tutto va bene; ma se essi tengono la testa alta, un atteggiamento che il capo interpreta sempre come una sfida, le cose possono guastarsi: le numerose cicatrici sul corpo dei grandi maschi ci lasciano intuire quanto i contrasti possano essere cruenti. In queste circostanze, i canini costituiscono una valida arma.

Essi non solo servono infatti per mangiare, ma possono provocare profonde ferite (le quali però cicatrizzano con straordinaria rapidità). I combattimenti si svolgono tra feroci grugniti, cariche nell'acqua, atteggiamenti intimidatori a fauci spalancate.

La mandibola di questo animale può spalancarsi a 150 gradi, una vera enormità, e quindi possiede una buona muscolatura. Lo sbadiglio dell'ippopotamo può essere facilmente confuso con un altro gesto dell'animale, e può effettivamente divenire una minaccia: quando il maschio ripiega il più indietro possibile la testa mettendo in mostra tutta la gola in un gesto di sfida per calmare ogni velleità di rivolta interna al gruppo.

I combattimenti possono essere mortali, ma scontri di questa portata sono rari, perché l'ippopotamo ha molto rispetto per la gerarchia. Uno dei comportamenti sociali più caratteristici della specie potrebbe chiamarsi "defecazione di sottomissione": un esemplare subalterno si gira, tira fuori dall'acqua il fondo della schiena, spruzza ben bene il muso del dominante con i suoi escrementi e li spande tutt'intorno con vigorosi colpi di coda laterali.

Chi è più in alto nella scala sociale sollecita questo gesto dai giovani maschi: gira loro intorno, tira fuori le spalle dall'acqua, tenendo la testa inclinata. Ogni esemplare che arricchisce nello stesso modo il mucchio di escrementi porge così il suo "saluto" al dominante, facendogli intendere che riconosce il suo posto di comando. In un gruppo possono aver luogo più di cinque defecazioni di sottomissione all'ora, di cui un terzo viene diretto contro il dominante.

Tra gli adulti sono frequenti anche i finti combattimenti, labbra contro labbra.

Ippopotamo
Ippopotamo

 

L'ippopotamo mangia poco in proporzione al suo peso corporeo. La razione quotidiana di cibo, 40 chilogrammi di erba fresca, è pari all'1-1,5 per cento del suo peso, mentre per tutti gli altri ungulati (o animali con gli zoccoli) il fabbisogno giornaliero di alimenti corrisponde al 2,5 per cento del peso.

Salvo in casi particolari, le zone di pascolo si trovano in media tra 2,8 e 3,2 chilometri di distanza da un punto d'acqua, ma in caso di carestia l'ippopotamo può spingersi fino a dieci chilometri, da solo o aggregandosi in piccoli gruppi; durante la stagione secca, questo mammifero è anche capace di digiunare per lungo tempo.

L'alimentazione è costituita da una decina di diverse specie di graminacee. Gli ippopotami sono molto selettivi nelle scelte e preferiscono le specie più gustose, trascurando le altre.

La fisiologia digestiva dell'ippopotamo è abbastanza particolare. Pur non essendo un ruminante, possiede un enorme stomaco di forma ricurva, suddiviso in quattro cavità, il che rallenta il transito degli alimenti e aumenta la loro assimilazione nell'intestino. Il transito degli alimenti prima nello stomaco e poi nell'intestino dura ventiquattro ore, prolungandosi nelle ore di riposo diurno dell'animale.

Forse non tutto il cibo viene digerito nella giornata che segue il pasto notturno: quindi una certa quantità d'erba può accumularsi nello stomaco, costituendo una preziosa riserva in caso di necessità.

 

Dopo il passaggio dell'ippopotamo, i pascoli sembrano prati ben tosati. Questo mammifero "taglia" infatti l'erba alla base con le labbra, che sono rese rigide da uno strato corneo di pelle il cui spessore può raggiungere i cinque centimetri, strappandola con un rapido movimento della testa.

Il piccolo ippopotamo comincia a masticare erba accompagnando la madre nelle zone di pascolo durante le spedizioni notturne: allora cammina vicino alla testa della femmina e, se altri giovani nati in parti precedenti sono presenti, questi seguiranno tutti la madre, il più giovane subito dietro, il più vecchio chiudendo la fila.

 

È stato documentato che in caso di penuria di cibo l'ippopotamo si può comportare da carnivoro spazzino, ma è tuttora da dimostrare il suo comportamento addirittura da cannibale.

Gli ippopotami sono stati visti di tanto in tanto rubare le prede ai coccodrilli o addentare carcasse in superficie. Studi sul campo hanno dimostrato che gli ippopotami sono carnivori facoltativi che consumano carne e tessuti intestinali dalle carcasse di altri animali. La carnivorosità degli ippopotami non è un comportamento aberrante limitato a particolari individui in alcune località, ma un modello di comportamento che si verifica all'interno delle popolazioni distribuite in gran parte dell’attuale areale dell’ippopotamo nell'Africa orientale e meridionale. Uno degli autori dello studio, Marcus Clauss, del Clinic for Zoo Animals, Exotic Pets and Wildlife, Vetsuisse Faculty, dell’università di Zurigo, «Questi rapporti si inseriscono nel fatto che gli ippopotami sono i parenti viventi più stretti delle balene, che sono tutte carnivore».

Femmina di ippopotamo cerca di difendere il suo piccolo da un maschio adulto della sua stessa specie
Femmina di ippopotamo cerca di difendere il suo piccolo da un maschio adulto della sua stessa specie

 

Gli ippopotami maschi non si riproducono prima dei 6-13 anni, le femmine non sono ricettive prima dei 7-15 anni.

I piccoli nascono sempre durante la stagione delle piogge, perciò i parti avvengono una volta all'anno nelle regioni in cui vi è una sola stagione delle piogge, per esempio nell'Africa meridionale; al contrario, dove questa si ripete, come nell'Africa orientale, le nascite si verificano due volte all'anno.

 

 

Gli accoppiamenti avvengono con un anticipo di 227-240 giorni nella stagione secca. L'estro, ovvero il momento in cui la femmina ha l'ovulazione, dura tre giorni circa. Essa mette al mondo il suo piccolo in acque poco profonde o anche sulla terraferma, in una zona ben riparata dai nemici che vedono nel neonato una preziosa risorsa di carne. Poi lo difende ferocemente dai grandi predatori e dai maschi adulti della sua stessa specie.

Dopo il parto, la femmina resta isolata per una decina di giorni prima di raggiungere il resto del gruppo.

Il tasso di mortalità infantile è molto elevato: fino al 45 per cento durante il primo anno di vita e del 15 per cento nel secondo. Poi si abbassa in modo considerevole fino al 4 per cento annuo degli adulti.

Il piccolo resta con la madre fino alla nascita di un fratellino, o anche più a lungo; capita spesso infatti di incontrare femmine circondate da vari giovani di età diverse. In media le nascite avvengono ogni 24 mesi: 8 mesi di gestazione, un anno di allattamento e quindi altri 4 mesi senza estro, cioè di riposo completo. Solo il 10 per cento delle femmine viene fecondato nei pochi giorni, tra il parto e l'allattamento, in cui il ciclo riprende. Raramente nascono dei gemelli.

La femmina ha due mammelle inguinali, cioè situate molto in basso, vicino all'inguine: il piccolo vi si attacca spesso per la poppata stando sott'acqua, quando la madre è in immersione. E comunque poppa in apnea, a narici e orecchie chiuse, anche sulla terraferma. I piccoli dell'ippopotamo imparano a nuotare prima che a camminare. Utilizzano il dorso della madre per riposarsi sulla superficie dell'acqua, dato che possono restare in apnea uno o due minuti soltanto, mentre gli adulti resistono facilmente anche cinque minuti.

A dodici anni viene raggiunta la maturità sessuale, e allora l'ippopotamo diviene un possibile rivale per l'adulto. I dominanti tollerano appena i giovani, ma tutto va liscio se questi, e soprattutto i maschi quasi adulti, assumono un atteggiamento rispettoso nei confronti dei primi; se poi compiono le "defecazioni di sottomissione" di rigore, è ancora meglio.

La longevità va da trenta ai quarant'anni; la lunghezza media della vita si abbassa se si considera l'elevata mortalità giovanile.

 

Ippopotami mostrano i loro possenti canini
Ippopotami mostrano i loro possenti canini

I canini degli ippopotami anfibi si sviluppano talvolta in modo considerevole (record: 61,5 centimetri) e suscitano notevoli interessi economici. I denti dell'ippopotamo sono particolarmente ricercati da quando è stato proibito il commercio dell'avorio d'elefante. Tra il 1950 e il 1954 lungo le sponde del lago Tanganica vennero raccolte 12,5 tonnellate d'avorio di ippopotamo, il che comportò la morte di tremila esemplari.

La situazione è peggiorata dopo il 1990, in seguito alla proibizione di commerciare l'avorio d'elefante: sulle "piste dell'oro bianco" dell'ippopotamo ci sono ora troppi cacciatori.

Incremento demografico vertiginoso e "fame" di terre coltivabili hanno causato in Africa l'uccisione di moltissimi ippopotami. Questi animali vivono in territori ricchi d'acqua, a volte irrigabili, che vengono via via destinati a varie colture e piantagioni. Inoltre gli ippopotami non fanno ovviamente differenza tra una graminacea selvatica e una graminacea coltivata dall'uomo: per limitare i danni alle colture i contadini finiscono per ucciderne in gran numero. Insomma, la convivenza tra contadini e ippopotami è davvero ardua.