Squali in Kenya


Squali balena. Watamu, Kenya
Squali balena. Watamu, Kenya

La pesca degli squali in Kenya

I più noti predatori degli oceani vengono pescati in Kenya da centinaia di anni.

Il Kenya è un paese che richiama alla mente immagini di selvaggia e primordiale bellezza. Leoni che riposano all'ombra di un'acacia; distese di terra rossa bruciate da tramonti mozzafiato; silhouette di elefanti e di baobab; instancabili Masai che camminano per chilometri avvolti nelle loro tipiche vesti rosse.

Il Kenya è, infatti, tutto questo. Ma non solo.

È anche più di 600 chilometri di costa; è strisce lunghissime di sabbia bianca, acque cristalline e barriere coralline.

In questo angolo di oceano il tempo sembra, se non fermatosi, esser scorso più lentamente di quello del mondo in cui viviamo noi occidentali.

La linea dell'orizzonte si staglia fiera tra cielo e mare e padroneggia su acque non contaminate dagli arroganti yacht che popolano i nostri mari, ma abitate solo da rare canoe, barche a vela e piccoli catamarani in legno.

Le acque che bagnano il Kenya sono ricchissime di fauna marina (soprattutto da quando i pirati somali hanno messo in fuga i grandi pescherecci stranieri) e tra le tante specie che lo popolano, ci sono i predatori marini per eccellenza: gli squali.

 

Dal gigante buono dei mari, lo squalo balena, che fa visita alle acque keniote per pochi mesi l'anno, a specie residenti di barriera come lo squalo pinna nera, lo squalo pinna bianca o lo squalo leopardo; ad altre ancora che abitano acque più profonde come lo squalo mako e lo squalo tigre.

Se si è fortunati, si può incontrare una di queste meravigliose creature durante un'immersione in uno dei fantastici siti lungo la costa. Oppure, si può avere la sfortuna di incontrarli sulla battigia, passeggiando sulla spiaggia in mattinata, nell'ora in cui la marea è ancora bassa ed i pescatori sono appena rientrati da una nottata di pesca. Gli squali vengono pescati in Kenya da centinaia di anni con metodi che sono pressoché rimasti invariati nel tempo.

 

Carne, olio e pinne.

Agli occhi dei Kenioti, gli squali sembrano un po' come da noi i maiali: non buttano niente.

La carne di squalo è consumata dalla popolazione locale in quanto nutriente e poco costosa. Il fegato viene utilizzato per produrre un olio usato per lubrificare le barche e proteggerle da parassiti marini, che altrimenti le distruggerebbero in pochi mesi. Mandibole e denti sono venduti ai turisti come souvenir.

Negli ultimi anni però il motore trainante della caccia agli squali non è stata né la loro carne, né il loro fegato, bensì, le loro pinne.

La domanda di pinne di squalo da parte del mercato orientale si è fatta sempre maggiore ed ha causato un aumento considerevole della pesca agli squali in Kenya, come nel resto del mondo. Le pinne vengono vendute ai trafficanti cinesi che poi le esportano all'estero o le rivendono nei pochi ristoranti orientali locali. In Hong Kong, 1 Kg di pinne di squalo può essere venduto anche a 700 dollari! L'industria mondiale di pinne ha un valore di almeno 500 milioni di dollari annui, con Hong Kong che da solo importa 100.000 tonnellate di pinne l'anno da 83 paesi, tra cui il Kenya.

Malindi è uno dei porti principali in cui la pesca agli squali è particolarmente praticata. I pescatori di Malindi che vanno a pesca di squali e utilizzano il metodo "longline": una corda di nylon lunga tre chilometri con circa 250 ami e rispettive esche. I pescatori, che da più di venti anni praticano questa attività, dicono che la quantità di squali è diminuita drasticamente nell'ultimo decennio.

La causa? Parlano di surriscaldamento globale e di Dio.

Ma non dicono, che forse, sono le loro barche (i loro metodi di pesca e la loro beata ignoranza), lungo tutta la costa keniota la principale causa di questa futuribile estinzione.

Ma c'è di più. Anche se in Kenya lo squalo viene totalmente venduto e consumato, spesso e volentieri, per risparmiare posto sulle barche (perché la carne, rispetto alle pinne, vale poco o niente) gli squali vengono privati delle pinne e, ancora vivi, vengono rigettati in mare, dove moriranno divorati da altri predatori o soffocati (la maggior parte degli squali, infatti, ha bisogno di continuare a nuotare affinché l'acqua entri nelle branchie). Le barbarie, perpetrate in savana, non trovano tregua neppure sul mare!

 

La «fortuna» che i Kenioti "divorino" gli squali, ma con loro tutte le popolazioni costiere dell'Africa sub-sahariana, dovrebbe (e ripeto dovrebbe) avere un risvolto positivo: l'alto contenuto di tossine come il piombo o il mercurio, che si trovano nei tessuti degli squali e che vengono così assimilati da chi ne mangia la carne. Alcune di queste tossine sono presenti in quantità tali da essere nocive all'uomo. Ad esempio, il metil mercurio è estremamente pericoloso per le donne incinte, in quanto si accumula nel cervello del feto e in altri organi vitali e può causare tutta una serie di problemi al sistema nervoso, ai reni e, in casi estremi, danni cerebrali. Il tonno, anche se in misura minore, può provocare le medesime patologie. Purtroppo non mi è mai pervenuta notizia che ciò si sia verificato in Kenya, o quantomeno non ne è mai stata data notizia.

 

La legislazione Keniota riguardo la pesca agli squali è abbastanza chiara. In teoria dovrebbero essere protetti dalla legge, così come lo sono leoni, elefanti e gazzelle, e non potrebbero essere cacciati.

È sufficiente però ottenere una licenza dal ministero della Pesca per poterli pescare! La pesca avviene infatti per lo più in maniera incontrollata, senza alcun limite alle tonnellate pescabili annualmente. Stessa sorte subiscono gli animali della savana.

La corruzione in Kenya a qualsiasi livello, ancor più se istituzionale, la fa da padrona! Bastano poche decine di dollari per ammazzare esseri umani (compresa la propria madre) o animali, non fa differenza, così come per corrompere un ranger od un funzionario.

Ma questa è tutta un'altra storia!

 

Ricordate che quando soffia il monsone Kaskasi, è il miglior periodo per la pesca d’altura da queste parti, ma anche il momento più opportuno per gli squali di spingersi in barriera!

Ancor più attenzione va prestata con acque torbide ed in assenza di barriera.